Come un dio immortale by Maria Teresa Steri

Come un dio immortale by Maria Teresa Steri

autore:Maria Teresa Steri [Steri, Maria Teresa]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781973957409
Google: YkuKswEACAAJ
editore: CreateSpace
pubblicato: 2017-10-27T22:00:00+00:00


Dopo pranzo, Violetta la reclutò per montare l’albero di Natale. Milena tentò di convincere la madre a sostituire l’abete di plastica che occupava un intero angolo del salotto con la statuina di un Angelo, ma alla fine si sobbarcò il peso delle quattro scatole di addobbi dalla cantina al salotto.

Arrotolò gli orli del maglione e sbuffando cominciò a tirare fuori le luminarie, che nonostante la cura con cui erano state riposte, erano già aggrovigliate.

Violetta aveva finito di rigovernare la cucina ed era seduta in poltrona a sferruzzare. «Manca poco a Natale», constatò. «Dovremmo invitare i Marchesi per la Vigilia».

Milena inibì un moto di stizza, strattonando un filo. Quello poteva essere un buon momento per informare la madre del progetto di anticipare le nozze. Invece replicò: «I genitori di Flavio sono separati, lo sai. E io non sono in vena di riunioni familiari».

La madre arricciò le labbra. «Non essere infantile. Stai per sposarti, dovrai scendere a compromessi molto più spesso di quanto credi».

Milena stava per controbattere, quando le scivolò dalle mani una delle palle di vetro decorate a mano. Per fortuna finì sul tappeto e rotolò sulla superficie morbida senza neppure incrinarsi.

«Cielo, stai attenta con quei decori! Appartenevano ai bisnonni».

Lei recuperò la sfera caduta e la mise al sicuro.

«Si può sapere perché sei così nervosa? Ansia per le nozze? O hai discusso con Flavio?».

Milena si mordicchiò il labbro. Aveva la sensazione di soffocare in quella stanza, tra pezzi di plastica, ghirlande e luminarie impossibili da districare.

«Comunque, ci penso io a chiamare Linda».

«D’accordo, invita chi vuoi! Tanto è chiaro che le stupide convenzioni sociali contano più del mio parere!».

La madre la guardò allibita. Lasciò cadere in grembo i ferri da maglia, si alzò, scavalcò i pezzi dell’abete e corse via offesa.

Milena rimase in salotto, con la voglia di lanciare le palle di vetro contro il muro, una dopo l’altra.

Violetta si era rintanata in cucina, persino da lontano si udivano i suoi singhiozzi. Era molto fragile in quel periodo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, le faceva male il pensiero che il suo nido sarebbe rimasto vuoto.

Dopo pochi minuti, Milena andò da lei per scusarsi. «È come dicevi, ho avuto un piccolo bisticcio con Flavio», minimizzò.

«Ha proprio un caratteraccio», commentò la mamma, già più serena. «Ti va un tè?». La gratificò di un mezzo sorriso. Non era mai stata prodiga di manifestazioni d’affetto, ma Milena sapeva che quello era il suo modo di accettare le scuse.

Fu tentata di approfittare della ritrovata serenità per raccontarle gli ultimi sviluppi, ma si frenò. Si mise seduta al tavolo della cucina, soffermandosi a osservare la mamma affaccendata con la teiera. Col tempo, il bel viso aveva assunto severità e lei stessa appariva più anziana di quanto fosse realmente. A causare quell’impressione forse erano i vestiti fuori moda che si ostinava a scegliere, i capelli perennemente raccolti sulla nuca o l’atteggiamento un po’ puritano.

Milena considerò che si era sposata tardi per i canoni della sua epoca, con un uomo maturo e benestante che le avevano presentato i genitori.



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